Figlia di un nobile feudatario, Rosalia nacque a Palermo nel XII secolo e, benché vi siano poche notizie certe sulla sua vita, sono molte le leggende che ammantano la sua figura.
Si racconta infatti che, sebbene dotata di grande bellezza e per questo motivo molto ambita dai nobiluomini palermitani, Rosalia decise di lasciare la vita di Corte per dedicarsi a quella eremitica, ritirandosi dapprima in una grotta situata nel Feudo paterno della Quisquina e, in seguito, nella celebre grotta sul Monte Pellegrino, splendido promontorio della baia di Palermo.
In quel luogo, Rosalia visse in preghiera e solitudine e vi morì, vuole la tradizione, il 4 settembre del 1160. Il luogo divenne quindi oggetto di culto, sebbene con sempre minor fervore, sino al punto minimo raggiunto dall’inizio del ‘600.
Il 29 maggio del 1624, tuttavia, una donna ridotta in fin di vita (Girolama Gatto) ebbe in sogno la visione di una fanciulla vestita di bianco, che le prometteva la guarigione se avesse fatto voto di salire sul Monte Pellegrino per ringraziarla. Salita sul Monte, e bevuta l’acqua che gocciolava nella grotta, la donna guarì e vide di nuovo la fanciulla in bianco, che stavolta le indicava il punto in cui erano sepolte le sue reliquie.
Ebbero dunque inizio le ricerche, ed il 15 luglio dello stesso anno, a quattro metri di profondità, vennero ritrovate delle ossa, subito analizzate per ordine del Cardinale Arcivescovo di Palermo, Giannettino Doria. Le analisi tuttavia dettero in un primo momento risultati incerti, tanto da far ipotizzare che le ossa appartenessero a persone diverse.
Nel 1625, tuttavia, una seconda commissione – anch’essa nominata dal Cardinale Doria – stabilì definitivamente che le reliquie appartenevano ad una sola persona,di sesso femminile, presumibilmente identificabile con Rosalia.
A dare ancor più risalto a tali eventi, nello stesso periodo la tradizione riporta il verificarsi di un prodigio: nell’estate del 1624, Palermo venne infatti colpita da una gravissima epidemia di peste. Quando un uomo, Vincenzo Bonelli, fuggì sul Monte Pellegrino (per sfuggire alla condanna inflittagli per non aver denunciato la morte della moglie, a causa del morbo) gli apparve la “Santuzza”, predicendogli che sarebbe anche lui morto dello stesso male, se non avesse detto al Cardinale di non dubitare più dell’autenticità delle reliquie ritrovate. Le reliquie, inoltre, avrebbero dovuto essere portate in processione: solo in questo modo la peste avrebbe cessato di affliggere la città.
L’uomo in effetti si ammalò e, prima di morire, confessò cosa gli era stato rivelato. Così, nel giugno dell’anno 1625, le reliquie furono portate in processione solenne, con la partecipazione di tutta la popolazione. L’epidemia iniziò a regredire e, a partire dal 15 luglio dello stesso anno – giorno del pellegrinaggio sul Monte, nell’anniversario del ritrovamento delle ossa della Santa – non vi furono più casi di peste.
Il culto di Santa Rosalia fu quindi autorizzato e rinverdito dalla chiesa palermitana in quel 1625, e viene ancora oggi celebrato in due diverse date: il 15 luglio, anniversario del ritrovamento delle reliquie; il 4 settembre, giorno della morte della “Santuzza”.